giovedì 7 novembre 2019

Fra scienza e tradizione. Mal di Luna o licantropia


Prima parte


di Mario Pagni



Nel nostro viaggio teso a collegare la vera antica tradizione con i criteri di una scienza sempre più esatta e puntuale che ormai lascia poco all’immaginazione e purtroppo anche alla fantasia,  sempre alla ricerca di simboli e archetipi del passato ancora caparbiamente occulti, ci occupiamo oggi di una malattia  o se preferite disturbo mentale a volte anche grave che viaggia proprio sul filo di questo perenne duplice aspetto della mente umana predisposta da sempre a superstizioni e paure ancestrali che se pur combattute dalla razionalità, sopravvivono al corso dei secoli e a volte anche ad ogni spiegazione scientifica.
La Licantropia o più comunemente definita a livello di folklore e tradizione popolare “Mal di Luna” rientra a pieno titolo anche alla luce delle ultime scoperte scientifiche legate alla psiche umana e ai suoi disturbi, in una categoria di malattia mentale che può avere origini assai lontane legate all’alterazione determinata dalla semplice rottura di un equilibrio naturale in forma patologica ma anche di tipo genetico, ovvero trasmesso nel sangue da generazioni precedenti. Non viene ovviamente escluso in determinate sedi di livello parascientifico anche l’intervento extra umano riconducibile a chissà quale maleficio o infestazione demoniaca. In quest’ultimo inquietante ma affascinante aspetto, rientra il nostro satellite compagno di viaggio della nostra Terra nel perenne movimento celeste.


le fasi della Luna
Le fasi lunari

Proprio nella Luna infatti figura anomala in grado di opporsi secondo tradizione con i propri influssi negativi all’energia ritenuta positiva del Sole ma capace di muovere maree e illuminare la notte terrestre, risiederebbe la vera sede di malattie “diverse” in grado di incutere negli esseri umani atteggiamenti ambigui anche di natura animalesca e mostruosa, capaci di mettere in crisi le pseudo certezze di una scienza figlia spesso della sola ragione. Secondo la tradizione popolare il “mal di Luna” è certamente disturbo figlio di chiari legami proprio con le mutazioni dei cicli lunari e dei suoi influssi. Il Lupo Mannaro dal punto di vista strettamente antropologico esiste da sempre e nelle credenze di vari popoli. Una antica canzone inglese recita così “ anche chi è puro di cuore e dice ogni sera le preghiere può diventare lupo quando fiorisce l’Aconito e brilla in ciel la luna piena”.

Storie vere di licantropi

Nei continenti extraeuropei esistono altre forme di “trasformismo” animalesco sempre legato alle antiche credenze un esempio per tutti può essere considerato l’uomo giaguaro del sud America ma ne esistono altri come l’uomo tigre dell’Asia o l’uomo orso canadese fino agli uomini leone africani. La letteratura romanzesca non solo legata al filone orror trova nella trasformazione dell’essere umano in qualcosa di diverso ampio spazio di ispirazione e diffusione; possiamo addirittura partire dalle celeberrime “Metamorfosi” di Ovidio e attraverso a tutti i “bestiari” medievali fino al romanzo tardo ottocentesco di Stevenson “Il dotto Jekyll e mister Hide” fino alle italianissime novelle di Giovanni Verga “ la Lupa” e di Luigi Pirandello che con “Male di Luna” racconta le vicende di Batà un contadino piuttosto agiato, e di sua moglie Sidora sposatasi con quest’ultimo per ragioni di interesse ma innamorata del cugino Saro. Anche se sono trascorsi pochi giorni dalla loro unione, Sidora si sente profondamente infelice e pensa a Saro con nostalgia. Una notte, con la luna al quindicesimo giorno di novilunio, la donna scopre con terrore che il marito è affetto da licantropia: Batà infatti, sentendo arrivare la crisi e volendo mettere la moglie al sicuro dalla propria bestiale violenza, le ordina di chiudersi in casa e di non aprire per nessuna ragione. Sidora assiste alla trasformazione dell’uomo che ulula e ringhia proprio come un lupo sbattendo inferocito la porta di casa. Sidora riesce a fuggire e torna in paese dalla madre alla quale racconta tutto.
Trasmutazioni genetiche

In precedenza ci pare importante ricordare che il malcapitato appena in fasce, era stato esposto dalla madre al chiarore lunare durante la mietitura del grano che per la grande calura in meridione veniva effettuata di notte. Il bambino era stato amorevolmente posto sull’erba ma secondo la credenza popolare proprio i raggi del nostro satellite, ne avevano influenzato la psiche e le caratteristiche somatiche fino a farlo trasformare in età adulta in lupo mannaro. Giovanni Verga invece introduce al femminile la questione con “La Lupa” ambientata in un piccolo paese della Sicilia. La protagonista è Gnà Pina, che viene soprannominata dalla comunità La lupa per il suo comportamento e per il suo fisico molto sensuale. Le altre donne del paese ne osservavano con timore misto ad invidia la femminile esuberanza, arrivando a farsi il segno della croce ogni volta che la incontravano. L’aspetto erotico risulta evidente nella vicenda introducendo seppure indirettamente, una sorta di bestialità al femminile persino nei rapporti con il sesso opposto e richiamando una serie di antiche tradizioni e credenze tipiche del mondo classico.
Novella di Giovanni Verga La Lupa
La novella di Giovanni Verga

Basta ricordare a tal proposito le feste dionisiache dell’antica Grecia in cui gli adoratori del “divino piantatore”, quando raggiungevano lo stato estatico, con “le labbra schiumanti, gli occhi che roteavano selvaggiamente e l’animo velato dalla follia “ dicevano di essere posseduti da un toro, riproponendo un atteggiamento dove si potrebbero ravvisare i sintomi dell’epilessia seppur veicolata da chissà quali sostanze stupefacenti se pure naturali. Anche i culti latini del 15 febbraio con la celebrazione dei “Lupercalia” (Lupercuslupus arcet: scaccia i lupi) richiamano l’attenzione al nostro argomento. In questa occasione i sacerdoti incaricati del culto (luperci) si recavano verso la grotta o tana dell’animale, frustando le donne maritate per purificarle.

Lupercalia romani
Gli antichi Lupercalia romani

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