di Chiara Sacchetti
Sacerdotessa di Apollo che dava i suoi responsi in uno stato
di trance, la Pizia
deve il suo nome al mostruoso serpente che abitava e proteggeva il luogo che
lei presiedeva dopo l’uccisione del rettile.
La Pizia |
Narra infatti il mito, (come ci racconta Igino scrittore
romano), che un oracolo avesse predetto che l’animale di nome Pitone sarebbe
morto per mano di uno dei figli di Latona che in quel periodo era incinta di
Zeus. La donna fu portata dal dio del mare Poseidone sull’isola di Ortigia che
la nascose nei flutti proteggendola e
dove fra gli stessi partorì Apollo. Pitone tentò davvero di uccidere Latona ma
senza fortuna e la predizione si avverò. Apollo, saputo dell’attentato alla
vita della madre, si recò sul monte Parnaso e con le frecce uccise il mostro
impossessandosi del tempio. Gea, che si sentiva oltraggiata dall’uccisione di
Pitone, chiese a Zeus che venisse reso omaggio all’amico assassinato istituendo
i giochi a lui dedicati e anche di presiederli. Così Zeus obbligò il figlio Apollo
a purificarsi e ad andare dal dio Pan a imparare l’arte divinatoria per
divenire protettore e creatore proprio dell’oracolo delfico.
Non solo. Il culto dedicato ad Apollo secondo il mito, nacque
quando Zeus mandò il figlio appena nato a Delfi fornendogli un carro trainato
da cigni che però smarritisi lungo il
cammino, lo condussero nel mondo degli Ipeborei, una terra lontana a nord della
Tracia. Il fanciullo arrivò a destinazione soltanto un anno dopo e nella
stagione estiva quando la natura è nel pieno del vigore: ma proprio a partire
da allora viene celebrato il culto del dio e l’arrivo della stagione calda (con
il crescere dei suoi frutti) con un sacrificio dedicato proprio ad Apollo.
I resti del Tempio di Apollo a Delfi |
Ma perché proprio Delfi? Situato alle pendici del monte Parnaso,
nella valle della Focide, e luogo sacro della Ierogamia (ossia l’unione del
cielo Urano e della terra Gea), Delfi era considerato, un homphalos ovvero l’ombelico del mondo, e per questo conservava la
pietra che chiudeva la porta che univa il mondo dei vivi e quello dei morti. La
sua importanza fu decisa per volere di Zeus con il volo di due aquile fatte
liberare dalla parte opposta della terra e ritrovate in quel luogo custodito
inizialmente dal serpente Pitone, seguace del culto di Gaia, la Terra.
Se fino a qui si è parlato di miti, si possono però ritrovare
elementi storicamente comprovanti quanto viene raccontato, a dimostrazione che
spesso le leggende nascono da un fondo di verità. Tra il XIV e l’XI sec. a.C.,
nel periodo miceneo, sorsero piccoli insediamenti a Delfi dedicati alla
divinità della Madre Terra; ma solo nei secoli successivi, XI-IX si stabilì il culto
dedicato al dio Apollo. Già a partire dal VIII sec., l’oracolo di Delfi era
conosciuto in tutto il mondo per i poteri della Pizia e nel VII sec. divenne
un’istituzione panellenica. Non era infatti inusuale che tutte le grandi città,
inviassero proprie delegazioni nei periodo di crisi politica o sociale per
chiedere pareri sulla condotta da seguire, tanto più che nessuno osava
dichiarare guerra a meno di un responso positivo dalla Pizia.
L'Oracolo di Delfi |
Ma come avvenivano la richiesta e il responso? Le notizie e
le fonti storiche sui rituali e su tutto ciò che succedeva durante i vaticini
sono piuttosto scarne, soprattutto per la segretezza di questi rituali e quelle
poche notizie che sappiamo si devono per la maggior parte allo scrittore
Plutarco che per un certo periodo fu anche Sacerdote a Delfi, servendo la Pizia.
Quelli che andavano a chiedere consigli e previsioni,
dovevano passare sotto il frontone del Tempio su cui era incisa una frase, una
sorta di avvertimento e esortazione “Conosci te stesso”. Una volta dentro il
richiedente maschio, (le donne non erano ammesse come richiedenti i vaticini
nonostante la Pizia
appartenesse al genere) , doveva purificarsi alla fonte Castalia (al ricordo di
Apollo che aveva fatto lo stesso dopo aver ucciso il serpente), pagare le tasse
dovute e sacrificare alla sacerdotessa una capra. Solo allora avveniva
l’incontro con la Pizia.
Tripode su cui sedeva la Pizia, Museo di Delfi |
Anche quest’ultima però doveva seguire un cerimoniale
preciso: beveva acqua dalla fonte
Cassiotis, masticava alcune foglie di lauro e assorbiva i vapori da alcune
aperture del terreno che le procuravano uno stato di trance. Solo allora,
chiusa in una stanza isolata (Andytus), la cella più interna, seduta su un
tripode, posto sopra la fessura della roccia da cui sgorgava acqua, era pronta
per i suoi responsi. Ciò che diceva veniva poi ripreso dai Sacerdoti e rimesso
a posto per formulare le sue risposte, sempre però con parole ambigue e
difficili proprio per evitare di formulare responsi certi che potevano poi
essere smentiti dai fatti. Ciò avrebbe comportato la perdita di prestigio della
Pizia e quei pochi responsi sbagliati venivano attribuiti all’incapacità di
comprendere anziché a quello di previsione della sacerdotessa.
Corridoio che porta all'Andytum la cella più interna del Tempio |
Recenti studi e indagini archeologiche sul luogo dove era
collocato l’oracolo di Delfi da parte di un gruppo di geologi italiani e greci
hanno messo in luce la reale natura del luogo e fornito una spiegazione delle
visioni e degli stati alterati della Pizia, riconducendole alla natura stessa
del terreno. Si è infatti scoperto che la zona dell’oracolo, si trova esattamente sopra a due faglie che
si intersecano, rendendo le rocce più permeabili creando dei passaggi
attraverso i quali sia l’acqua che i gas sotterranei, possono venire in
superficie. Sarebbe stato quindi il metano in un ambiente povero di ossigeno, a
creare gli stati allucinogeni e confusionari della Pizia e i suoi presunti
vaticini. Una spiegazione questa fra l’altro già attribuita allo stesso
Plutarco che già ai suoi tempi, quando era Sacerdote, attribuiva l’origine di
tutto, proprio ai gas emergenti dalle fenditure presenti nel terreno del tempio.
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