di Mario Pagni
Abbiamo già trattato in un precedente scritto i presunti misteri legati al Sacro Bosco di Bomarzo posto in provincia di Viterbo fino a definirne con certezza la sua valenza storica ma anche quella decisamente iniziatica. Come detto in precedenza si tratta di una area di terreno posta su tre livelli che potremo definire come quelli della maturata conoscenza finale nel percorso irto di difficoltà della stessa umana esistenza. Vicino Orsini l’ideatore del “Bosco Sacro” (creato per suo volere fra il 1552 e il 1570) sembra però che fosse anche stato ispirato da altri nobili e meno nobili esaltanti esempi che non si fermerebbero alla semplice introspezione e crescita spirituale di ogni individuo ma anche da precise ideologie politiche legate al potere detenuto allora da regnanti e autorità costituite anche di tipo religioso persino al di fuori dei confini italiani.
Proprio in questo periodo storico di notevole levatura si
muove il nostro Vicino Orsini ed il suo giardino, che sembra essere stato diviso concettualmente in due zone anche per
estensione: una definibile di rappresentanza e una con il vero Sacro Bosco (il
momento realmente alchemico e iniziatico). Questo luogo di rappresentanza e
soprattutto di celebrazione della casta e delle famiglie amiche, ha tuttavia
più di un livello di lettura e (come accennato) parla e considera anche una
precisa presa di posizione politica. Non solo decide di rendere vivo e reale il
teatro delle idee di un autore quasi eretico come il Giulio Camillo Delminio (incarcerato e poi
condannato per alchimia), in una decade durante la quale si conclude la nascita
e la stesura definitiva dell’Indice dei libri proibiti, ma anche con l’inserimento di simbologie indicanti un
chiaro rifiuto dell’atteggiamento ecclesiastico di allora.
Lungo il corso del ruscello ci sono due fontane dedicate ai
capi dei casati cui Orsini era legato da vincoli di amicizia, parentela e
alleanza, il cardinale Alessandro Farnese e il granduca Cosimo I de Medici
(profondo e fiero conoscitore proprio di esoterismo e alchimia, arti condannate
dall’Indice paolino). Siamo quindi di
fronte ad un costante dualismo in grado di raccontare i reali bisogni
individuali tradotti dall’affascinante quanto misterico percorso a tappe
ben segnate dalle figure mitologiche e simboliche e al contempo il rifiuto
verso spiegazioni troppo dogmatiche come quelle imposte dalle religioni. Il
Sacro bosco di Bomarzo deriverebbe quindi da quella Idea di Theatro della Sapienza
e al contempo una sorta di enciclopedia del sapere scientifico conosciuto con
l’immagine del cosmo, ovvero un edificio
della memoria rappresentante l’ordine della verità eterna e i diversi stadi
della creazione, che proprio Giulio Camillo Delminio, umanista e erudito
veneto, tradusse probabilmente per volere stesso del Re di Francia Francesco I,
in un preziosissimo volume (e forse in un modello ligneo) illustrato da Tiziano
Vecellio ma purtroppo andato distrutto nell’ incendio dell’Escorial.
Tutte queste idee ispirate da un latente desiderio di
conoscenza per niente riconoscibile nella religione stessa e nel diffuso
cristianesimo:
«Di quell’immenso lavoro resta fortunatamente –spiega Rocca– uno schema
semplificato elaborato per il governatore di Milano, Alfonso d’Avalos, nel
1544. Camillo morì poche settimane dopo e non poté riprendere quel testo che fu
pubblicato, col titolo di Idea del Theatro nel 1550. L’Idea è un libello nel quale lo stesso universo sarebbe rappresentato
come un dispositivo sinottico, il Theatro nel quale l’energia divina
s’irradia in sette colonne, coincidenti con i cieli di Tolomeo, per poi
precipitare nella sfera terrestre e divenire mondo in sei fasi, corrispondenti
ai giorni della creazione».
Il teatro bomarzese, con
la sua scena in pendenza, non è quindi frutto di un errore grossolano, ma è la chiave del progetto
dell’Orsini. Esso si compone di sette
sezioni, corrispondenti ai cieli di Diana, Luna, Marte, Mercurio, Giove,
Venere, Saturno e di Apollo-Sole, e sei gradi, che sono le fasi previste da
Camillo. Il tutto rappresentato nel piccolo teatrino che si incontra durante il
percorso iniziatico e che induce di per se ad una sosta prolungata di
meditazione.
Questa in estrema sintesi la chiave di lettura del Sacro
Bosco di Bomarzo. Il percorso assai suggestivo già invaso da visitatori di ogni
genere e tipo di cultura, rimane
comunque in grado di stupire chiunque, anche senza essere completamente
compreso nello scopo e nella funzione per cui fu creato, forse queste
figure gigantesche riescono a comunicare privatamente con ognuno di noi
attraverso una propria capacità di azione introspettiva, a seconda della stessa
emozione che ancora oggi ci sanno offrire.
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