È una delle manifestazioni più famose e rinomate dell’Italia,
tanto che ogni anno sulle reti ammiraglie vengono date in diretta le due competizioni principali, quella del 2
Luglio della Madonna di Provenzano e quella del 16 Agosto detta dell’Assunta,
che vedono milioni di persone anche dall’estero sia in televisione che “in
piazza” seguirle con passione e che sono state annullate solo per eventi anche
infausti eccezionali come quello del Covid. Ma sicuramente quelli più
agguerriti emozionati e in ansia sono gli stessi Senesi. Si narrano storie di
famiglie divise nelle varie contrade, di
figli fatti nascere (quando ancora si nasceva in casa) in una contrada
piuttosto che in un'altra, o di inviti vicini al parto con la speranza che il pargolo fosse della
propria parte della città. Ora ovviamente si nasce (almeno in generale)
negli ospedali ma l’attaccamento al proprio quartiere non è cambiato restante veramente
forte e la gara veramente tanto sentita.
Breve
storia del Palio
Già a partire dal XIII secolo si hanno testimonianze di una corsa di cavalli, mentre documenti precedenti raccontano di un Palio di San Bonifazio, il santo dell’antica Cattedrale precedente a quella attuale, dove venne posto lo stemma del Comune che segnava l’arrivo della corsa dei barberi. La gara era organizzata nelle festività principali dedicate alla Vergine Assunta, patrona di Siena, dai Deputati della Festa ed era corso dai nobili e notabili sui loro destrieri, "alla lunga", cioè in linea su un percorso che andava da fuori le mura al Duomo, dall'esterno all'interno. Il vincitore si portava a casa il pallium, lunga pezza di stoffa preziosa, talvolta cucito a bande verticali e foderato da centinaia di pelli di vaio. Mentre nelle contrade, a quel tempo, ci si dedicava a giochi più crudi e violenti.
Nel Rinascimento i nobili smisero di correre loro stessi il
Palio delegando i fantini a rappresentarli e partecipando solo come spettatori
all’evento; almeno fino alla caduta di Siena, ad opera di Firenze, quando la
gara perse la sua attrattiva elitaria e si trasformò in una competizione fra
quartieri.
L’11 luglio 1605 il
capitano Sigismondo Santi e il cavalier Fortunio Martini, due Deputati,
proposero al Comune la corsa del Palio per la festa mariana d’agosto,
probabilmente già alla tonda (ossia intorno alla piazza) visto che una stampa di
Bernardino Capitelli di qualche anno più tardi raffigura proprio questo tipo di
gara, con i fantini che montano a pelo e
i contradaioli che esultano.
Bernardino Capitelli, Palio alla tonda
A metà del secolo il Palio divenne a cadenza regolare e i fantini
cominciarono ad essere considerati dei mercenari a cui veniva dato un compenso
e la possibilità di questuare nella contrada che rappresentavano; poi a partire
dal 1672 per rendere più giusta la competizione i cavalli, prima scelti,
venivano assegnati tramite sorteggio. È di questi tempi che comincerà la
cosiddetta “tratta”, ossia l’assegnazione dei cavalli.
Nel ‘700 il Palio prese
le sembianze attuali e le competizioni annuali divennero due. L’idea venne alla contrada dell’Oca
che aveva vinto la gara del 2 luglio e che chiese di ricorrere il Palio vinto a
sue spese. Il giorno prescelto fu quello del 16 agosto, giorno dell’ascensione
di Maria.
Le
contrade e la gara
Le contrade di Siena sono in tutto 17 ma ad ogni competizione
soltanto 10 ne partecipano, estratte appunto a sorte ma anche con un
regolamento che fa sì che le 7 che non hanno preso parte a quello dell’anno
precedente entrino di diritto nell’elenco, facendo sì che di fatto solo 3 siano
sorteggiate.
Il giorno della gara, dopo tutta la parata del corteo
storico, i fantini sui cavalli escono dal palazzo del Comune e ricevono il
nerbo o meglio se lo prendono essi stessi da un contenitore messo a lato destro
dell’ingresso uscendo, una sorta di tendine di bue essiccato usato per
sollecitare il cavallo, e si posizionano alla “mossa”, ossia il luogo della
partenza. Il mossiere, giudice della
gara, riceve a quel punto una busta con l’ordine di uscita delle varie contrade
che si devono allineare ai canapi che non sono altro che due corde che
delimitano la partenza della competizione. Questi poi chiama seguendo l’elenco
i primi 9 fantini, mentre il decimo e ultimo può entrare già al galoppo quando
lo ritiene più opportuno e favorevole, lasciando così di fatto a lui il via
della corsa. Ciò che deve fare il
mossiere è cercare di capire poco prima le intenzioni del fantino e sganciare
per tempo le corde per liberare i cavalli: è durante l’attesa dell’ingresso
del decimo cavallo che i fantini ai canapi contrattano accordi per aiuti contro
un’altra contrada se presente fra le rivali ataviche.
Il momento della partenza del Palio di luglio 2007
La corsa vera e propria si compie intorno alla piazza per tre
volte: la zona più famosa e anche pericolosa è quella della curva di San
Martino, dove molti fantini purtroppo spesso cadono e i cavalli sbattono contro
le paratie. A vincere però non è il
fantino ma il cavallo, che per assurdo può arrivare anche da solo (cavallo
scosso) al traguardo. La contrada vincitrice riceve il cosiddetto drappellone,
chiamato dai senesi “cencio”, una stoffa dipinta diversa ogni gara da pittori
più o meno famosi.
Ma raccontare il Palio di Siena è impresa impossibile per
ogni scrittore e giornalista che ci si dedica perché descrivere l’emozione
provata dai contradaioli e dai loro Capitani di Contrada è cosa inenarrabile. È
un esempio lampante di euforia collettiva oltre che un fenomeno di costume che
di rado si trova in qualsiasi altro evento dello stesso genere e che andrebbe
vissuto non solo in presenza ma anche seguendo una per una le varie fasi di
preparazione fino alla competizione stessa e ….magari alla vittoria!
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