lunedì 15 luglio 2024

Il palio di Siena

di Chiara Sacchetti

È una delle manifestazioni più famose e rinomate dell’Italia, tanto che ogni anno sulle reti ammiraglie vengono date in diretta le due competizioni principali, quella del 2 Luglio della Madonna di Provenzano e quella del 16 Agosto detta dell’Assunta, che vedono milioni di persone anche dall’estero sia in televisione che “in piazza” seguirle con passione e che sono state annullate solo per eventi anche infausti eccezionali come quello del Covid. Ma sicuramente quelli più agguerriti emozionati e in ansia sono gli stessi Senesi. Si narrano storie di famiglie divise nelle varie contrade, di figli fatti nascere (quando ancora si nasceva in casa) in una contrada piuttosto che in un'altra, o di inviti vicini al parto  con la speranza che il pargolo fosse della propria parte della città. Ora ovviamente si nasce (almeno in generale) negli ospedali ma l’attaccamento al proprio quartiere non è cambiato restante veramente forte e la gara veramente tanto sentita.

 

Breve storia del Palio

Già a partire dal XIII secolo si hanno testimonianze di una corsa di cavalli, mentre documenti precedenti raccontano di un Palio di San Bonifazio, il santo dell’antica Cattedrale precedente a quella attuale, dove venne posto lo stemma del Comune che segnava l’arrivo della corsa dei barberi. La gara era organizzata nelle festività principali dedicate alla Vergine Assunta, patrona di Siena, dai Deputati della Festa ed era corso dai nobili e notabili sui loro destrieri, "alla lunga", cioè in linea su un percorso che andava da fuori le mura al Duomo, dall'esterno all'interno. Il vincitore si portava a casa il pallium, lunga pezza di stoffa preziosa, talvolta cucito a bande verticali e foderato da centinaia di pelli di vaio. Mentre nelle contrade, a quel tempo, ci si dedicava a giochi più crudi e violenti.

Nel Rinascimento i nobili smisero di correre loro stessi il Palio delegando i fantini a rappresentarli e partecipando solo come spettatori all’evento; almeno fino alla caduta di Siena, ad opera di Firenze, quando la gara perse la sua attrattiva elitaria e si trasformò in una competizione fra quartieri.

L’11 luglio 1605 il capitano Sigismondo Santi e il cavalier Fortunio Martini, due Deputati, proposero al Comune la corsa del Palio per la festa mariana d’agosto, probabilmente già alla tonda (ossia intorno alla piazza) visto che una stampa di Bernardino Capitelli di qualche anno più tardi raffigura proprio questo tipo di gara, con i fantini  che montano a pelo e i contradaioli che esultano.

Bernardino Capitelli, Palio alla tonda

A metà del secolo il Palio divenne a cadenza regolare e i fantini cominciarono ad essere considerati dei mercenari a cui veniva dato un compenso e la possibilità di questuare nella contrada che rappresentavano; poi a partire dal 1672 per rendere più giusta la competizione i cavalli, prima scelti, venivano assegnati tramite sorteggio. È di questi tempi che comincerà la cosiddetta “tratta”, ossia l’assegnazione dei cavalli.

Nel ‘700 il Palio prese le sembianze attuali e le competizioni annuali divennero due. L’idea venne alla contrada dell’Oca che aveva vinto la gara del 2 luglio e che chiese di ricorrere il Palio vinto a sue spese. Il giorno prescelto fu quello del 16 agosto, giorno dell’ascensione di Maria.

 

Le contrade e la gara

Le contrade di Siena sono in tutto 17 ma ad ogni competizione soltanto 10 ne partecipano, estratte appunto a sorte ma anche con un regolamento che fa sì che le 7 che non hanno preso parte a quello dell’anno precedente entrino di diritto nell’elenco, facendo sì che di fatto solo 3 siano sorteggiate.

Il giorno della gara, dopo tutta la parata del corteo storico, i fantini sui cavalli escono dal palazzo del Comune e ricevono il nerbo o meglio se lo prendono essi stessi da un contenitore messo a lato destro dell’ingresso uscendo, una sorta di tendine di bue essiccato usato per sollecitare il cavallo, e si posizionano alla “mossa”, ossia il luogo della partenza. Il mossiere, giudice della gara, riceve a quel punto una busta con l’ordine di uscita delle varie contrade che si devono allineare ai canapi che non sono altro che due corde che delimitano la partenza della competizione. Questi poi chiama seguendo l’elenco i primi 9 fantini, mentre il decimo e ultimo può entrare già al galoppo quando lo ritiene più opportuno e favorevole, lasciando così di fatto a lui il via della corsa. Ciò che deve fare il mossiere è cercare di capire poco prima le intenzioni del fantino e sganciare per tempo le corde per liberare i cavalli: è durante l’attesa dell’ingresso del decimo cavallo che i fantini ai canapi contrattano accordi per aiuti contro un’altra contrada se presente fra le rivali ataviche.

Il momento della partenza del Palio di luglio 2007

La corsa vera e propria si compie intorno alla piazza per tre volte: la zona più famosa e anche pericolosa è quella della curva di San Martino, dove molti fantini purtroppo spesso cadono e i cavalli sbattono contro le paratie. A vincere però non è il fantino ma il cavallo, che per assurdo può arrivare anche da solo (cavallo scosso) al traguardo. La contrada vincitrice riceve il cosiddetto drappellone, chiamato dai senesi “cencio”, una stoffa dipinta diversa ogni gara da pittori più o meno famosi.

Ma raccontare il Palio di Siena è impresa impossibile per ogni scrittore e giornalista che ci si dedica perché descrivere l’emozione provata dai contradaioli e dai loro Capitani di Contrada è cosa inenarrabile. È un esempio lampante di euforia collettiva oltre che un fenomeno di costume che di rado si trova in qualsiasi altro evento dello stesso genere e che andrebbe vissuto non solo in presenza ma anche seguendo una per una le varie fasi di preparazione fino alla competizione stessa e ….magari alla vittoria!

Piazza del Campo colma di spettatori oggi


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