Storia ai confini della leggenda di una prodigiosa reliquia cercata da sempre ma mai trovata
È una delle reliquie più famose della religione cristiana ma
allo stesso tempo è certamente quella più misteriosa e non ancora resa
tangibile, né tantomeno riconosciuta in un oggetto reale. In molti sostengono
di averla vista, e magari anche trovata proveniente dalle nebbie dei secoli ma
mai con assoluta certezza.
Apparizione del Sacro Graal tra i Cavalieri della Tavola Rotonda (miniatura da un manoscritto, Parigi, XV secolo)
Cosa
è il Santo Graal?
Non è cosa facile ne da descrivere ne da raccontare, anche se
non si direbbe, riuscire a capire cosa sia davvero il Santo Graal. Secondo alcuni
studiosi si tratterebbe della coppa
usata durante l’Ultima Cena da Gesù prima di essere tradito, durante la
quale egli avrebbe insegnato agli Apostoli il rito della Santa Messa e il
complesso misterico del miracolo eucaristico; secondo altri invece sarebbe la coppa dove durante la crocifissione sarebbe
stato raccolto il sangue del Salvatore; altre fonti infine ne sostengono
l’origine precristiana. La differenza sostanziale però riguarderebbe in questa
ultima ipotesi il fatto che lo stesso
Gesù conoscendo già da prima le proprietà dell’oggetto lo avrebbe cercato,
trovato e infine usato proprio durante la celebrazione eucaristica.
Un
oggetto ai confini fra storia e leggenda
Esiste una sorta di spartiacque che divide la natura e la
forma di questo importante e singolare oggetto nella sua versione tangibile,
tanto sacro da essere unito ad un certo
punto alla stessa vita di Gesù.
Galahad, Bohort e Parsifal alla scoperta del Graal, dipinto di William Morris (1890)
Lo studioso di esoterismo Jules Evola sosteneva che il Graal sarebbe da identificarsi con una sorta di cornucopia che richiamava alla natura spirituale dell’aldilà e discenderebbe addirittura dalle antiche leggende celtiche, collegandolo ad un eroe viaggiatore che abitava in un altro mondo magico parallelo al nostro. Una origine quindi che risalirebbe ad un epoca ben precedente al Cristianesimo e che ne ritratterebbe persino tutta la sua natura divina e miracolosa intesa in senso religioso.
Anche nella prima apparizione del Graal, esso non viene
identificato immediatamente con un calice anche se lo si può dedurre. Chrétien
de Troyes nel “Perceval ou le conte du Graal” scritto nel XII secolo, scrive di
«un graal antre ses deus
mains/une dameisele tenoit» («un graal tra le sue due mani/una damigella teneva» durante il
banchetto presieduto dal Re Pescatore e dallo stesso Parsifal, che era stato
invitato alla cerimonia rituale o processione delle vergini. Nelle scene finali
dell’opera viene di nuovo citato il
Graal, questa volta da un eremita che rivela al protagonista che l’oggetto
contiene un’ostia, ossia il nutrimento spirituale, per il padre del Re
Pescatore, zoppo ad una gamba.
La Crocifissione Gavari di Raffaello
Ma è con Robert de Boron nel “Joseph d'Arimathe” scritto fra
il 1170 e il 1212 che troviamo l’associazione Graal al calice, dove viene
chiaramente detto che l’oggetto sarebbe proprio la coppa usata da Gesù
nell’Ultima Cena e quella dove Giuseppe
d’Arimatea avrebbe raccolto il sangue fuoriuscito dalla ferita al costato nel
momento della preparazione del corpo alla sepoltura. L’uomo poi avrebbe
lasciato la Palestina e si sarebbe trasferito in Inghilterra fino a fermarsi nella Valle di Avalon dove
avrebbe fondato ed eretto la prima chiesa cristiana, portando con sé la
sacra reliquia, la quale sarebbe stata consegnata al cognato, Hebron, ma
conosciuto da tutti come il Re Pescatore stesso. Questi poi l’avrebbe
tramandata alle future generazioni.
Cristo istituisce l'Eucaristia con l'Ostia e il Calice durante l'Ultima Cena
Nel ciclo bretone, o arturiano, troviamo invece le vicende
legate ai numerosi cavalieri che si dedicarono alla ricerca del Graal, alcuni dei quali ebbero un insperato
successo come Parcival e Galahad, altri invece se pure ardimentosi per la loro
condizione di impurità non riuscirono nell’impresa, come lo stesso
Lancillotto.
La leggenda del Sacro Calice verrà poi ripresa in altre storie e miti, come per esempio il
Mabinogion, uno dei più antichi racconti popolari gallesi che possiamo ancora
trovare oggi e che risale al XIII
secolo. Infine, nel XV secolo Thomas Mallory collegò tutte le storie di re Artù
e dei suoi prodi cavalieri nel suo “Le Morte d'Arthur”, dando anche la forma
definitiva alla prodigiosa reliquia come ancora oggi la conosciamo.
Nessun commento:
Posta un commento