Con
l’esaurirsi della originale dottrina pitagorica che nel corso del V sec. si era
diffusa in molte città del mondo antico, in ambito romano nel periodo tardo
ellenistico si stavano diffondendo nuove dottrine filosofiche di tipo settario
come lo gnosticismo, il neoplatonismo e appunto il neopitagorismo, tutte
accomunate da aspetti salvifici ed eclettici.
Il nostro Neopitagorismo si sviluppò fra il I sec. a.C. e il III sec. d.C. in aree e culture Mediterranee rielaborando i testi che vari autori, sulla scia degli insegnamenti che erano stati precedentemente trasmessi oralmente nelle varie cerchie esoteriche, avevano messo per iscritto accentuando gli aspetti morali e religiosi della dottrina derivati principalmente dall’origine orfico-misterica ma tralasciando però di fatto l’orientamento più matematico e scientifico. Alla base di tutti i pensieri troviamo infatti la divinizzazione e il culto del suo fondatore: la figura di Pitagora, infatti, come ci racconta Nigidio Figulo, primo esponente del I secolo a.C. di questa corrente, astrologo, mago ed esoterista oltre che esperto matematico, in questa nuova corrente finì per essere addirittura venerato e successivamente definito come un mago per le sue esperienze sacerdotali egizie, babilonesi e cabalistiche. Ma non solo. Anche la dottrina stessa subì radicali cambiamenti allontanandosi dall’originario pensiero per riversarsi in una concezione dove facevano capo un marcato dualismo, la concezione di un ordine matematico del mondo, la presenza di spiriti che mediano con l’essere umano e la possibilità di ricevere leggi divine per una rivelazione divina. Era infatti quest’ultima, nella nuova concezione filosofica, che doveva portare alla verità assoluta, e non più come nella tradizione precedente con la matematica, il numero, la figura geometrica, la dialettica e tutto ciò che ad essa era legata.
Pitagora ritratto da Raffaello nella Scuola di Atene ai Musei Vaticani (1510)
In linea
generale il neopitagorismo può essere definito sostanzialmente una setta,
basata sulla divinizzazione della figura di Pitagora e dove la dottrina del
famoso filosofo veniva rielaborata e trasformata in una aritmosofia, ossia una branca
dell’esoterismo che attribuisce ai numeri un valore non solo quantitativo ma anche
qualitativo. Questa scienza-filosofia è considerata
una sapienza di ordine superiore ricavata da un'analisi metafisica dei primi
numeri interi (Uno=Unità=Monade, Due=Duplicità=Diade, Tre=Triplicità=Triade): nelle
entità matematiche risiedono le verità ultime dell'universo e dell'essere ed i
modi di descrivere essi. Non a caso da un punto di vista strettamente religioso
la concezione neopitagorica eleva concetti come la metempsicosi dell’anima che
attraverso l’ascesi e la magia teurgica riesce a purificare lo spirito
liberando così l’anima dal ciclo di reincarnazione (nascita-morte-rinascita) a
cui è sottoposta per migliorarsi e arrivare così alla perfezione.
Rappresentazione della reincarnazione secondo l'induismo
Tutto ciò restò immutato
almeno fino all’unione con il neoplatonismo quando, alla fine del III sec.
d.C., il neopitagorismo prese il carattere del culto misterico, lasciando
completamente la religiosità scientifica delle scuole di Filolao e di Archita.
Stucchi raffiguranti cerimonie rituali nella Basilica sotterranea di Porta Maggiore,
sede di misteri pitagorici dell'età romana (I sec.)
Nel Medioevo, con l’influsso
della cultura araba, il Neopitagorismo ritornò in Europa diventando una delle
branche della numerologia occidentale, assieme alla cabbala, e base anche dell’architettura
sacra e in particolare nelle costruzioni dei Maestri di Pietra e dei
committenti Templari, ma anche in molti esponenti della scuola di Chartres, come
Teodorico di Chartres e Guglielmo di Conches (istruiti dal De arithmetica di Boezio), e Fibonacci. Ma non solo. La filosofia di
Pitagora, e soprattutto il suo sviluppo misterico-religioso, influenzò nel
corso dei secoli anche nomi importanti della letteratura, dell’arte e della
storia, fra questi il sommo Poeta che fa della cosmologia di Pitagora e della
sua numerologia, la base delle sue opere e in particolare la Divina Commedia.
Lo stesso Leonardo da Vinci testimonia la presenza nel Rinascimento dei
pitagorici (o neopitagorici) e Marsilio Ficino colloca Pitagora fra i cultori di una prisca theologia o («teologia
primordiale»).
Simboli pitagorici raffiguranti il teorema di Pitagora e una squadra con compasso,
ad opera dei maestri costruttori nel sud-est della Sassonia (Germania)
Con lo studio approfondito
proprio del neopitagorismo possono ancora oggi essere spiegate molte delle
scelte legate al simbolismo architettonico, scultoreo e pittorico in generale che si osservano
in particolari decorativi, prospettive ed elementi compositivi presenti nelle
opere artistiche di vario genere e periodo cronologico ed erroneamente ritenuti
spesso, semplicemente tali ma che nella realtà neo-pitagorica, esprimerebbero
messaggi nascosti e criptati di non facile lettura ma che starebbero alla base
proprio di tali scelte artistiche. Fra
queste (come semplice esempio) i profondi sapienziali legami fra la stessa
architettura e la musica come massima espressione del sacro con la
manifestazione e costante presenza del numero come ordinatore estremo della
vera armonia e della vera energia spirituale presente nello stesso universo che
ci circonda. Naturalmente la stessa corrente che potremo definire forse
troppo semplicemente filosofico–matematica, ebbe invece a governare (come prima
accennato), anche le varie correnti letterarie di vari periodi storici, fino a
rendere e accomunare in una sorta di perenne unicità, (intesa come riconduzione
all’Uno primordiale), molti se non quasi tutti gli elementi sia numerico -
filosofici che della sintassi discorsiva,
unica vera espressione compiuta del linguaggio e
della poetica, altrimenti facenti parte (con altra lettura della questione)
dell’esclusivo patrimonio linguistico - letterario.
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